Idea documentaria, narrativa tematica, narrativa artistica, idea creativa. Portfolio di stampo seriale.
Qual’è il vero significato (o significati) di portfolio e da dove deriva? E, soprattutto, Cosa si intende per portfolio fotografico? Il Trieste PhotoLab ha cercato di rispondere a queste e molte altre domande sulla storia del portfolio durante “Il Portfolio Fotografico: come si fa e a cosa serve?”, a cura del fotografo professionista e docente Fulvio Merlak.
Da Nadar ai fratelli Lumiére, Merlak è partito dal principio: il primo portfolio pubblicato il 31 agosto del 1886 nel “Le journal illustré”. Poi Walker Evans, Antonella Monzoni, Gianni Pezzani. E ancora, Chéhére, Klimas, Loretta Lux.
Portfolio diversi ma con un tassello fondamentale: la sequenzialità, assieme al giusto accostamento delle singole immagini; e due esigenze: quella delle singole immagini e delle immagini nel complesso che, da sole, non sarebbero in grado di colpire con la stessa forza.
Le foto “devono essere omogenee, coerenti: non è possibile accostare un paesaggio, uno still life, un nudo – ha spiegato Merlak – Deve essere una narrazione? Si, ma anche no. Può essere una storia, una serie omogenea di immagini. Ma anche no”, ha aggiunto. “Quante devono essere le foto che lo compongono? Più di una, certo, ma non c’è un numero prefissato.
La risposta è: quelle che servono”. Il portfolio, in breve, deve far capire qual’è l’intendimento dell’autore. E nient’altro.
Testo di Maria Beatrice Rizzo, foto di Davide Zugna